1975 Droga e società

DROGA E SOCIETA' ITALIANA: ILLUSIONE SUL MALESSERE

Il Centro Nazionale di Prevenzione a Difesa Sociale di Milano ha recentemente pubblicato per i tipi della Giuffrè gli atti relativi ad una indagIne sul tema “droga e società Italiana”, già discussi nel corso di un congresso internazionale svolto a Milano sullo stesso argomentoc con la collaborazione dell’Amministrazione provinciale di quella città.

Il volume raccoglie in circa ottocento pagine le relazioni generali sul tema, che affrontano i diversi aspetti che la problematica della droga offre oggi nel nostro Paese: internazionali, farmacologici, economici, epldemiologici, clinico terapeutici, criminologici, giuridici e psicosociologici.

Nella premessa della pubblicazione si osserva che il dilagare dell’uso degli stupefacenti tra i giovani ed i giovanissimi costituisce uno degli aspetti più gravi della nostra società, in specie quando si pensi come tra i più lucrosi mercati della droga si debba annoverare la scuola. Recenti statistiche, infatti, hanno stabilito che quasi il dieci per cento degli studenti italiani è dedito agli stupefacenti. Le dimensioni del fenomeno sono tali che l’uso della droga può essere considerato come una delle malattie più diffuse fra giovani: malattia e non reato, perché le implicazioni giuridiche del problema (pur necessarie) devono lasciare il passo a quelle sanitarie sociali.

D’altra parte, fra le motivazioni più frequenti circa l’uso degli stupefacenti, vi è quella della ricerca di uno stato di libertà e di pace in una realtà socio-politica che è condizionante e caotico. Al malessere della società i drogati oppongono la illusione di estraniarsi dal mondo, rifiutando il proprio essere e la propria vita e cadendo, in maniera talvolta irreversibile, in una malattia individuale certamente nociva.

In Italia il problema della droga non è stato ancora affrontato globalmente e con la dovuta incisività, anche per il prevalere di orientamenti, quanto meno sul piano legislativo, di natura indiscriminatamente repressivi, risalenti alla legge del 1954, ancora in vigore.

Né il ricorso ad indagini socio-culturali in altri paesi può essere di fondamentale ausilio, atteso che il fenomeno della droga ha assunto ed assume nei diversi Stati connotati particolari, espressi da specifiche situazioni giuridiche ed ambientali e dall’uso di differenti strumenti e mento di d’intervento.

Solo nel giugno ‘74 l’Italia ha ratificato la Convenzione unica sugli stupefacenti adottata a New York nel 1961 ed il Protocollo di emendamento adottato a Ginevra nel 1972.Quest’ultimo prevede che, qualoro i consumatori di droga abbiano commesso le infrazioni per cui è disposta la penalizzazione (detenzione, offerta, acquisto, vendita, etc.) essi potranno essere, anziché condannati o fatti comunque oggetto di sanzione penale, semplicemente sottoposti a misure di trattamento educazione post-cura, riadattamento e reintegrazione sociale. L’inserimento nella nostra legislazione di questa disposizione potrà caratterizzare i nuovi orientamenti in ordine ai comportamenti che accompagnano l’uso della droga, sicché si possa realizzare l’interesse alla difesa sociale nei confronti degli assuntori di droga, non attraverso la persecuzione e la punizione, ma nella ricerca attenta dei soggetti bisognosi ed in un efficace aiuto che offra prospettive di recupero, senza dover necessariamente seguire, almeno allo stato, quelle proposte già da taluni avanzate, di rinunzia all’attuale regime proibizionistico, generatore di crescenti fatti di criminalita'.

La normativa vigente in Italia in materia di droga è ancora ferma alla legge 22.10.54 n, 1041 che all’art. 6 prevede la reclusione da tre ad otto anni e la malta da lire trecentomila a quattro milioni per chiunque, senza autorizzazione, acquisti, venda, ceda, esporti, importi, passi in transito, procuri ad altri, impieghi o comunque detenga sostanze o preparati indicati nell’elenco degli stupefacenti compilato dall’alto commissario per l’igiene e la sanità pubblica. Sopravvive, peraltro, l’art. 446 del Codice penale per quanto concerne sostanze e preparati diversi da quelli indicati nel detto elenco degli stupefacenti che siano commerciati, detenuti, somministrati e procurati in modo clandestino e fraudolento. La pena è da uno a tre anni di reclusione, con la multa non inferiore a quarantamila lire.

In ogni caso prevista è prevista l’obbligatorietà della cattura per l’imputato di reati in materia in materia di stupefacenti, pur con la mitigazione dell’art. 2 della legge 15.12.1972 n. 773 che ammette la possibilità di concessione della libertà provvisoria anche nei casi di mandato di cattura obbligatorio.

Il conflitto fra norma legislativa e realtà sociale in tema di droga è ormai un fatto emergente, sicché appare davvero indilazionabile l’esigenza di una nuova normativa che escluda la sanzione punitiva per il consumatore vero è proprio e cioè per colui che si limiti ad alimentare il suo vizio, senza svolgere altra attività di ricezione, detenzione, o cessione.

L’obiettivo che il legislatore dovrebbe porsi sarebbe quindi quello di delimitare con precisione l’ambito di depenalizzazione, elaborare efficaci misure d’intervento per i casi in cui non intervenga efficientemente la norma penale ad offrire sicura garanzia giurisdizionale in ordine alle misure di limitazione della libertà provvisoria. Il disegno di Legge Torelli (Senato n. 4-25 maggio ’72) ed il disegno di legge Gaspari (Senato n. 849, 8 febbraio 1973) costituiscono una prima base di discussione per elaborare una normativa che, in definitiva, miri ad evitare, - per dirla con la relazione Di Gennaro – Breda in tema di riforma legislativa in materia di droghe – di rendere artificiosamente nemici dichiarati della società individui il cui comportamento può essere fronteggiato con la comprensione e l’aiuto.