2004 Giustizia e Scioperi

LA GIUSTIZIA E GLI SCIOPERI DI MAGISTRATI ED AVVOCATI

La condivisione di molti penalisti del ricorso sempre più frequente all’astensione per più giorni dalle udienze per continuare a protestare contro l’impostazione data dalla maggioranza che governa il paese al problema della c.d. “separazione delle camere” nell’ambito del progetto di riforma dell’ordinamento giudiziario, ha raggiunto dimensioni allarmanti.

Siamo in presenza di livelli di alta conflittualità che denotano, talvolta, una assopita attenzione per le esigenze generali ed una più accentuata propensione verso la difesa di ristretti interessi di categoria, sia pure paludati con ragioni di alto profilo.

I valori costituzionali, pur avendo funzionato fino ad oggi come collante politico all’interno del sistema dei partiti per garantire ancora un minimo di tenuta dei rapporti e delle garanzie circa il rispetto della democrazia del nostro Paese, sono oggetto di troppe “riflessioni’ che, peraltro, determinano antagonismi e ripetute incomprensioni.

L’incontestabile protrarsi del braccio di ferro è stato manifestato con affermazioni di avvocati penalisti del tipo:

Certamente questo sciopero è uno di più lunghi della nostra storia, ma è solo la prima tranche. Se la situazione peggiorerà, questi sei giorni non basteranno. Siamo molto arrabbiati”.

Non è mancata la risposta di un autorevole esponente della magistratura: “Questa volta voglio essere veramente cattivo. L’ultimo sciopero, sempre sull’ordinamento, lo abbiamo fatto il 20 giugno 2002, a dodici annidi distanza dal precedente.

Dimostrando un eccezionale senso di responsabilità, abbiamo rinviato quello che pure avevamo proclamato per 1’8 febbraio 2004. Se questo ministro della giustizia si ritrova con uno sciopero dei magistrati ogni due anni, la colpa non sarà certamente nostra”.

Pronta replica degli avvocati penalisti: “Se i magistrati vorranno mantenere le cose come stanno e non tollerare che il legislatore disciplini la loro condizione senza che sia concordata strettamente con loro, incroceremo nuovamente le braccia anche per quindici giorni”.

Insomma, la querelle sulla separazione delle carriere fra avvocati penalisti, magistrati, governo e parlamento, non si acquieta. Anzi, ha assunto anche dimensioni localistiche, tanto da indurre un p.m. a richiedere agli avvocati di dichiarare di non aver aderito allo sciopero per poter ottenere il permesso di entrare nelle cancellerie per atti non urgenti ovvero un gup ad affermare che: “la vicenda va ricompresa nell’ambito delle agitazioni relative ai servizi pubblici essenziali quale risulta essere il servizio-giustizia”, sicch蔑spetta al giudice bilanciare i valori del conflitto, così da far recedere la libertà sindacale a fronte di interessi sovraordinati”.

L’organismo rappresentativo dell’avvocatura che, peraltro, pur condividendone le ragioni, aveva definito “sbagliato” lo sciopero dei penalisti, ha a sua volta ritenuto di infilarsi ed ha ricordato al ministro della Giustizia ed al Consiglio superiore della magistratura, nonché, all’associazione nazionale magistrati, che l’avvocatura conserva “l’alto ruolo di coprotagonista della giurisdizione, da sempre mantenuto nelle affermazioni di principio, ma troppo spesso calpestato”.

A questo punto non è superfluo ricordare, che la scelta ed il dosaggio delle forme di lotta hanno rappresentato un motivo di particolare e consapevole presa di coscienza da parte delle organizzazioni di categoria, specialmente dei liberi professionisti. Esse hanno manifestato, però sempre grande senso di responsabilità nel calibrare gli eventuali interventi anche nelle fasi più acute delle trattative ed hanno impegnato il loro tempo non in emotive e spettacolari prese di posizione, ma nell’esame attento dei veri principi posti a base delle rivendicazioni onde scongiurare irreversibili rotture.

In definitiva si è giunti, ora, ad una fase della polemica talmente esasperata da compromettere il necessario e doveroso equilibrio tra efficienza e garanzie e tradire le aspettative degli utenti del servizio-giustizia con schieramenti che non hanno coinvolto tutte le espressioni del mondo forense, le rappresentanze dei cittadini e delle forze sociali ed economiche, che pur sono sensibili dinanzi alle questioni che riguardano la tutela dei diritti ed il rispetto della legalità.

Questo braccio di ferro riduce sempre più i margini di mediazione, avvicina soluzioni drasticamente imposte a colpi di maggioranza, vellica effimere illusioni autoreferenziali, offre uno spettacolo poco gradevole e ancor meno convincente ad una opinione pubblica sempre più avvilita.

Dubito che si sia in pochi a ritenere che si debba porre subito rimedio a questo andazzo.