NO AGLI SCIOPERI IN SALSA CILENA
Non condivido l’atteggiamento di una disarticolata classe forense, in sciopero, istintivamente sospinta verso l’indiscriminata protesta, poco proclive a strutturarsi sindacalmente ed arroccata su posizioni di un individualismo sconcertante. “Io, l’avvocato” l’espressione ancora logora di chi ignora il mercato, si autogratifica rispetto alla clientela, cerca lo scontro nel sistema giustizia, confonde i valori della tradizione con le sollecitazioni della innovazione e reagisce in modo emotivo ed intollerante al cospetto delle regole imposte anche dalla modernità.
Non condivido, ugualmente, il modo in cui l’attuale Governo ha di fatto rivoluzionatolo status del ceto forense, somministrandogli improvvisamente dall’alto dei nuovi modelli di esercizio professionale nei settori cruciali delle tariffe, della deontologia, dell’assetto di studio, del rapporto con la clientela e, in genere, della committenza. Lo “sciopero” o, meglio, l’astensione dalle udienze per un considerevole periodo di giorni, è stata la risposta degli avvocati, una volta tanto uniti, sia pure con i soliti distinguo anche da parte dei camera penalisti, al c.d, Decreto Bersani, del cui contenuto si è ormai tanto parlato da rendere inutile ogni ulteriore esemplificazione. Qual è il dato politico che più ha allarmato i centottantamila avvocati italiani che si sono sentiti letteralmente “accerchiati”?: la tempestività con cui è piombata nella realtà di tutti i giorni la nuova disciplina del lavoro forense, sulla quale da circa ottanta anni (la legge professionale base è del 1931, anche se ha subito nel tempo taluni aggiustamenti non essenziali) le varie componenti dell’avvocatura discutono senza raggiungere alcun concorde risultato. Il Decreto Bersani obbliga a scelte organizzative e reddituali, ad aggregazioni di studio, alla offerta di servizi legali diversificati, con specializzazione per materia e competenza e con seri sforzi di fidelizzazione dei clienti. Al punto in cui siamo, tenuto conto della possibile esistenza di margini di trattativa significativi fra l’Organismo rappresentatiyo dell’avvocatura ed il Governo, ritengo sterile e poco efficace persistere negli scioperi in salsa cilena o in un clima da stadio.
E più produttivo formulare concrete modifiche, nel merito, per strategie di sviluppo e di progetti di organizzazione nell’ambito di una ‘legge quadro” di riforma delle professioni intellettuali in termini di efficienza di adeguamento alle esigenze della utenza e del mercato, anche europeo. 11 Governo non potrà non tenere conto della rilevanza sociale ed economica dell’intero mondo delle professioni nel nostro paese.
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