2001 Fatalità

CONTINUEREMO A CHIAMARLA FATALITA'?

“Certo è che oggi la centralita' dell’uomo è stata sostituita con la centralita' dell’economia e del profitto. A noi preme dire che la vita umana non ha prezzo e la logica del profitto deve piegarsi dinanzi alla dignità ed al valore di ogni essere umano”.

Quando ho appreso la notizia dell’infortunio occorso ad Emilio De Andri nello stabilimento della Famiglia Riva, mi son venute in mente queste accorate parole che non sono state pronunziate nè da me nè dal rivoluzionario Bakunin, ma dal nostro Arcivescovo Benigno Papa, appena tre anni or sono, precisamente il venti settembre 1998.

Il problema e' ormai piu' che drammatico e non e' nemmeno legato a quella che fu negli anni settanta la politica degli appalti che - all’epoca - codificò le tipiche prassi clientelari vigenti specialmente nel sud d’Italia e portò qualcuno a domandarsi se la città di contadini e pescatori di ieri stesse traendo davvero tutto il vantaggio possibile che ci si poteva attendere dal Centro Siderurgico.

Oggi la realtà ha raggiunto la soglia dell’inverosimile se è vero che dopo tanto silenzio lo stesso Emilio Riva si è di carta e penna ed ha scritto qualche lettera con l’illusione di poter conquistare la comprensione dei tarantini e risolvere i gravi problemi di sicurezza del lavoro e di ambiente nella 'sua' fabbrica con un semplice epistolario.

L’ultimo messaggio, mira a tranquillizzare l’opinione pubblica. Egli afferma: 'gli incidenti gravi si sono drasticamente ridotti'. Purtroppo, per sfortuna, non solo sua, nello stesso giorno Emilio De Andri ha subìto un grave infortunio che si aggiunge agli altri di questi ultimi giorni, in raggelante catena con i dati forniti anche dall’Inail.

Non è più sufficiente, a questo punto che con doveroso tempismo gli ispettori del lavoro piombino nello stabilimento e che i giudici celebrino i processi per lesioni o morte da infortunio. Il momento penalistico è indubbiamente importante ed una sua corretta impostazione, anche con una auspicata maggior presenza del sindacato in tutte le fasi processuali che le leggi consentono, può avere certamente una ricaduta positiva in termini significativi.

Tuttavia, il diritto penale del lavoro, che taluni considerano in posizione sussidiaria nella lotta agli infortuni, potrà raggiungere il suo scopo non soltanto attraverso la sua applicazione giudiziaria, ma in quanto concorrerà effettivamente a creare le condizioni in cui tale applicazione non risulterà più necessaria.

Occorre un sistema di vigilanza e di controllo in via preventiva, drastico e sistematico, specialmente per garantire quei giovani, assunti con contratto di formazione lavoro, disposti spesso a subire le più mortificanti condizioni pur di non perdere la occupazione. Occorre che lo 'sviluppo sostenibile' non venga utilizzato come mistificante scudo dietro il quale nascondere incertezze, ammiccanti solidarietà e colpevoli ritardi in materia ambientale.

Occorre che il valore costituzionale del diritto al lavoro venga comunque salvaguardato con comportamenti concreti, nella fabbrica e fuori, perché nessuno ha mai tollerato che il datore di lavoro agisse da padrone.

E’ per questo che nessun infortunio sul lavoro potrà essere causato, in assoluto, dalla "fatalita'".