2006 Lucio Tommasini

A LUCIO TOMMASINI

In occasione del decimo anniversario della scomparsa di Lucio Tomassini, ho voluto raccogliere pensieri e riflessioni affettuose di colleghi ed amici che pubblicai sul numero di aprile/ottobre 1996 del Siap Notizie, periodico del sindacato forense di Taranto, insieme con un ricordo dell’avv. Angelo Esposito, presidente del nostro Ordine forense.

Riprodurre quelle note non significa soltanto sollecitare un caro ricordo di un avvocato che ha dato il meglio delle sue tante virtù al foro, alla città, al pensiero politico ed alla società, ma affidare alle nuove generazioni un esempio di vita ed una testimonianza forte che rappresenta una pietra miliare nella storia dell’avvocatura italiana.

Onore alla tua toga, dunque. Onore alla toga, fra mito e realtà, per una giustizia a misura dell’uomo, in una società di eguali.
Il magico messaggio che Lucio ci ha lasciato ricorda le immortali parole di Pietro Calamandrei che suonano come un vero inno all’avvocatura: “Noi dobbiamo amare sopra ogni altra cosa la nostra toga, e quando il giorno verrà - sia posto sulla nostra bara questo cencio nero, al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso è servito ad asciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta nella vincente giustizia”.

Quando mani fraterne deposero la toga sul feretro, fummo in molti, giunti a Taranto da ogni parte d’Italia, a guardarci smarriti. Lucio, l’avvocato Lucio Tomassini, ci lasciava davvero e, forse solo in quel momento, ci rendemmo conto che avremmo dovuto continuare da soli la sua opera. Fino agli ultimi giorni aveva seguito con indomita passione la vita della Federavvocati e dell’avvocatura.

Incalzato dal male (nessuno di noi aveva osato parlarne), aveva tentato di non arretrare di un passo, tanto che appena sei giorni prima della sua scomparsa, aveva espresso parole rassicuranti a Luisella Fanni venuta da Cagliari a Taranto anche per incontrarlo. La tenacia, la tolleranza e la lucida capacità di analisi dei problemi erano fra le doti più significative di Lucio. Lo dico con l’affetto di chi lo ha conosciuto sin dalla prima infanzia, lo ha avuto vicino per tanti lunghi anni nella vita professionale, politica e sindacale forense ed ha rispettato, talvolta con profonde riflessioni, l’umano ed asciutto messaggio che, anche nel momento del dissenso, veniva dai suoi pensieri e dai suoi decisivi interventi.

Quante ore abbiamo dedicato a quelle questioni delle quali “tanto ragionavamo insieme”? È difficile dirlo ed è forse anche inutile ricordano, ora che Lucio è scomparso immaturamente.
Ma quelle ore sono un patrimonio immenso ed indimenticabile per tutti noi.
Ricordo che molti anni or sono, quando più forti erano le tensioni all’interno dello stabilimento siderurgico di Taranto ci fu affidato dalla CGIL l’incarico di elaborare una relazione sui più rilevanti problemi in tema di diritto penale del lavoro. Lavorammo insieme per diversi giorni e scoprii in lui la magica capacità di sedimentare le pulsioni che l’argomento suscitava in noi, raccogliendole con perfetta sintesi, in un sicuro messaggio tecnico-professionale.

Se io m’infervoravo su di un punto particolarmente avvincente, mi lasciava sfogare e poi, pacatamente, con lo sguardo assorto, sgranando quegli occhioni intelligenti ed espressivi, mi mostrava l’altra faccia della luna e mi riproponeva i suoi perché.

È sempre stato così, con me, con tutti un tenace costruttore con la voglia di fare ed andare avanti, senza mai perdersi in sterili polemiche sul passato.

Cosi l’ho visto, l’ultimo giorno che a giugno, a fatica ma con deciso cipiglio indossò ancora la toga ed accettò di buon grado un ennesimo rinvio di una udienza caotica ed inconcludente. Mi salutò con parole stentate ma mi chiese con il profondo linguaggio degli occhi di cogliere un suo messaggio di affetto.

Paola, la sua amorevole e discreta compagna che gli è stata sempre vicina, ricorderà anche quel giorno tanto difficile, ma ancora espressivo di una vitalità e di un capacità quasi magnetica, di coinvolgere appassionare e, spesso, persuadere anche il più ostinato degli interlocutori.

A Maratea, in occasione dell’ultimo Congresso Forense, anche se già fiaccato dal male, ha combattuto una delle tante battaglie a sostegno di principi ed idee in cui credeva, perché con grande onestà intellettuale aveva riflettuto ed aveva raggiunto precise convinzioni, frutto di ragionamenti oltre che di felici intuizioni. Ed ha combattuto non solo per la Federavvocati e per i valori che essa esprimeva, ma per 1’avvocatura italiana e per i più alti ideali di giustizia che sono stati il suo persistente e splendido obiettivo di vita.